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Divagazioni pop su under 25 |
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Divagazioni pop su Under 25
di Fulvio Panzeri
Vent'anni fa, nel 1986, quando Tondelli pubblicava Giovani blues, la prima delle tre antologie del Progetto Under 25, la diffidenza nei confronti dei "nuovi" e "giovani" scrittori era senz'altro maggiore, rispetto ad oggi. Infatti medi e piccoli editori investono e rischiano di più su ragazzi e ragazze di talento al loro primo libro, creando collane che sono diventate anche luoghi in cui farsi conoscere, stanze per comunicare la propria scrittura. Allora questi "luoghi" mancavano, né laboratori artigianali, né parcheggi, tantomeno rotonde che oggi fanno girare la testa all'Italia che guida. Come a Gardaland.
La critica era poco attenta al fenomeno delle nuove scritture e si guardava al mondo giovanile con quello sguardo malandrino e modaiolo che è tipico dei "femminili", riguardava le tendenze, i modi di apparire, tutto un "born" in America, made in Italy. Erano gli anni Ottanta, con un certo edonismo imperante e una voglia di stare in superficie. La letteratura viveva ancora nella tradizione di nomi da best-seller, di autori di sicuro richiamo, ben consolidati presso le giurie dei premi. I giovani scrittori italiani no, mentre dall'estero (America soprattutto), arrivano i ragazzotti e le gattine del "minimalismo", età media 25 anni, molti rimasti in Italia, patria adottiva, sulla scia di un Carver, non ancora autore di culto
Non c'era nemmeno bisogno di talent-scuot alla Claudio Cecchetto che portava in discoteca e in testa alla Hit Parade Sandy Marton e Sabrina Salerno, perché agli editori importava poco investire sui giovani scrittori "made in Italy", con qualche eccezione Palandri, De Carlo, Tondelli. Questo per sfatare un mito, accreditato presso la pubblicistica nazionale e ripreso dai compilatori di antologie che sulla reale documentazione di ciò che succede in letteratura sanno decisamente poco. La finta mitologia vorrebbe un Tondelli, oltre che scrittore, "talent scuot" alla ricerca degli scrittori di domani. Falso. O almeno non indicato nelle premesse del progetto Under 25. Tutto si può imputare a Tondelli, ma non si può negare la sua forza progettuale (e anche didattica), tesa a dichiarare obiettivi, intenti, finalità del proprio lavoro. E questo vale ancor di più per Under 25, dove tutto è documentato dagli scritti su Linus per lanciare l'iniziativa, dalle introduzioni ai volumi per dettagliare e discutere gli ambiti di ricerca.
Se invece di orecchiare qua e là notiziole approssimative sui manuali di letteratura, venduti a prezzi stracciati anche in edicola, molto meglio come arredi di libreria che come materia di consultazione, si avesse il coraggio di leggere la sezione "Under 25" di Un weekend postmoderno, si scoprirebbero questioni molto interessanti e decisamente meno banali della logica del talent scuot. Siamo però nell'era De Filippi e dei suoi Saranno famosi e la definizione in questione è, se vogliamo, più familiare e immediata. Però impropria.
Tondelli con Under 25 non ha mai voluto fare lo scopritore di talenti, altrimenti Under 25 starebbe alla letteratura italiana come la mitica (negli anni sessanta) Castrocaro sta al Festival di Sanremo. Se poi da Under 25 sono usciti quelli che possono essere considerati i migliori scrittori italiani della cosiddetta "seconda generazione", da Gabriele Romagnoli a Claudio Camarca, da Giuseppe Culicchia a Guido Conti, è una conseguenza della positività della risposta al progetto e della forza progettuale di Tondelli, tesa, non tanto a scoprire giovani scrittori, ma soprattutto a mettere in evidenza nuove scritture, molto diverse fra loro, a volte antitetiche come modelli e come punti di riferimento.
La pubblicistica, a questo punto, scivola ancora una volta sulla buccia di banana, con cadute fragorosissime e grottesche, quelle di una necessità di collocare Tondelli dentro una matrice di scrittura giovanilistico-gergale, meglio se alla moda con riferimenti alle griffe e ai gusti musicali del momento. Così molti scrittori della "seconda generazione" hanno pensato bene di darsi ad una sana "retorica" pseudo tondelliana, al fine di identificarsi come "tondelliani doc". I risultati sono da dimenticare per buona pace di tutti e anche del progetto Under 25. Ciò che non è memorabile si dimentica presto, a meno che non sia passato tra le mani veloci e distratte dei compilatori dei manuali di letteratura. A questo punto anche il peggio può aspirare ad una effimera gloria. C'è sempre però la ghigliottina del tempo: è implacabile.
Io dico no alla semplificazione e alla retorica. Non mi piacciono come atteggiamenti. Il progetto Under 25 è stato semplificato e portato al massimo grado di retorica da molti di coloro che vi hanno partecipato. Io l'ho vissuto da lettore e da critico, mentre Tondelli lo proponeva. Non è stata una semplice "caccia" all'esordiente di talento, ma un contributo importante nella definizione di quella "fenomomenologia della lettura e della scrittura" che, allora, a metà degli anni Ottanta, trovavamo nei saggi di Bichsel de Il lettore, il narrare, un modo per approfondire che cosa voleva dire leggere e scrivere e in che termini la lettura e la scrittura potevano coinvolgere la nostra persona, da un punto di vista non solo accademico o di studio, ma soprattutto nell'eccezione della ricerca personale.
Come curatore dell'opera di Tondelli sono sempre stato scettico sulle pressioni (molte) fatte affinchè si autorizzasse la continuazione del progetto, accompagnato dal nome di Tondelli come una griffe. Tondelli però non è Prada e nemmeno Coveri (suo amico tra l'altro). E' stato uno scrittore che ha portato avanti un progetto sulla lettura e sulla scrittura, offrendo ai giovani l'antologia come luogo di prova dei loro racconti. Le sue scelte erano personalissime, legate al proprio gusto, ai suoi interessi, alle ricerche letterarie che via via effettuava in parallelo alla lettura dei dattiloscritti che arrivavano dai ragazzi.
Del resto Under 25 non era da intendersi nemmeno come la "Costituzione dei giovani scrittori italiani" e ancor meno come il metodo perfetto per capire che cosa scrivono i giovani.
In questi anni, nonostante, non siano più uscite antologie "Under 25" a denominazione doc Tondelli, la possibilità ai giovani di far conoscere la loro scrittura non è mancata. Anzi si pubblicano fin troppi autori giovani, di non certo talento. Qui però entriamo in un ambito critico e in una discussione che porterebbe fuori strada.
Dopo Tondelli gli "under 25" hanno avuto più occasioni e più progetti di misurare il proprio rapporto con la lettura e con la scrittura. Sono nate molte riviste, il Web ha allargato a dismisura gli spazi, le antologie non sono mancate. Da ultima, geniale, quella dei "Lunatici", edita dalla MUP editore 15 scrittori 15, usciti da una rivista-laboratorio di Parma, "La luna di traverso", completamente autogestita dai ragazzi, che hanno capito che è meglio far da sé certe volte. O forse è solo un'eco della cultura cooperativa emiliana (anche qui senza divagazioni…).
Non è semplicemente una casualità tutta questa abbondanza di occasioni, ma il vero effetto della prospettiva offerta da Tondelli, una possibilità di riflessione sul valore della lettura e della scrittura. "Under 25", soprattutto nelle pagine "teoriche" resta un invito al viaggio nella scrittura giovanile. Poi non importa chi guida il pullman o chi ha deciso di comprare il biglietto, che itinerario percorrere e qual è la destinazione. Correggio o Milano? Parma o Napoli? Pordenone o Scandiccci? L'importante è viaggiare per trovare un luogo per la propria scrittura. Questo mi dice oggi il progetto Under 25, questo voglio fare ancora con i ragazzi che scrivono, altri viaggi, ma mai da conducente (non mi piace guidare, soprattutto nei viaggi lunghi), viaggi alla pari, chi con più esperienza, chi con meno. Con una avvertenza: senza nulla chiedere in cambio, se non il piacere di viaggiare. Gratis.
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